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LE REGISTRAZIONI TRA PRESENTI SONO LECITE

Questo scritto non si propone di essere esaustivo dell’argomento ma mira a fornire alle possibili vittime di soprusi una rassicurazione sulla legittimità in ogni circostanza delle registrazioni audio e video quando effettuate ai fini di autotutela, per dissipare i dubbi spesso sollevati per "sentito dire" o da intimazioni e minacce delle parti coinvolte.

Alcune definizioni, apparentemente imprecise o incomplete in linguaggio giuridico, sono state inserite per semplificare la comprensione dell’argomento.


Le sentenze citate e/o riportate in stralcio dovrebbero essere disponibili sul sito internet della Suprema Corte di Cassazione, mentre le considerazioni di chi scrive sono frutto della propria esperienza professionale in ambito di polizia giudiziaria.


PREMESSA


Quando due o più persone hanno una conversazione o partecipano ad un fatto, ciascuna di loro viene a conoscenza di quanto detto dagli altri presenti e ricorda l’episodio.

Se si teme di essere oggetto di ingiuste intimidazioni, ingiurie, molestie o si presenta la necessità di provare il proprio o altrui comportamento è possibile, ed opportuno, tutelarsi mediante la registrazione di quanto accade “a futura memoria”, cioè senza farne un uso immediato ma per disporre, in sede giudiziaria o disciplinare, della prova di avere adempiuto a un ordine o ricevuto una intimidazione, espresso le proprie ragioni o dubbi oppure non aver detto o fatto qualcosa di cui si potrebbe essere ingiustamente accusati.


LE REGISTRAZIONI TRA PRESENTI


Ai soli fini di ricordare i fatti e di autotutela è sempre consentito audio-registrare e/o video-filmare una circostanza nella quale si sia legittimamente presenti: una lezione universitaria, un incontro di lavoro, una riunione di famiglia o tra condomini, un turno di servizio o una giornata di lavoro anche in ambito sanitario o militare.

Il diffuso uso, esplicito o nascosto, di “body cam” (telecamere indossabili), da parte di sportivi, giornalisti o pseudo investigatori è assoggettato alle stesse regole.

Queste riprese sono definite registrazioni tra presenti e “tutto quello che l’occhio umano può vedere, può anche essere fotografato e ripreso.”
(Corte di Cassazione Penale, Sez. IV, 24 gennaio 2012, n.10697)


PRECISAZIONI



DOVE NON SI POSSONO EFFETTUARE REGISTRAZIONI


  1. Nei seggi elettorali, in quanto espressamente vietato dalle norme in materia; in questo caso è legittimo da parte del Presidente del seggio richiedere l’intervento delle forze dell’ordine per verificare che non vengano introdotti nella cabina elettorale telefoni cellulari o strumenti di ripresa.

  2. Nelle "aree riservate" e/o se la materia tratttata è di natura "classificata", argomento che esula dai motivi di questo scritto.

  3. Nel corso di udienze giudiziarie, quando espressamente vietato dal Giudice; anche in questo caso non di interesse per i fini di questo scritto.

  4. Nei teatri, alle mostre, ai concerti quando espressamente vietato; in questo caso il bene protetto è il diritto di autore o l’integrità dei beni esposti ed anche in questo caso si esula dall’argomento di questo scritto.

  5. A bordo di aereoplani, elicotteri, battiscafi, ove, sebbene non sia espressamente vietato effettuare "registrazioni tra presenti", è opportuno ricordare che i telefoni e/o tablet accesi possono interferire con le strumentazioni elettroniche e creare grave pericolo a cose e persone. In mancanza di registratori, macchine fotografiche o videocamere tradizionali SPEGNETE LA CONNESSIONE TELEFONICA, IL SISTEMA BLUETOOTH E LA RETE WI.FI.!


RIFERIMENTI NORMATIVI


(1) Rispettivamente D.Lgs. 30 giugno 2003, n.196 "Codice in materia di protezione dei dati personali" e Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016 "Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati" GDPR (General Data Protection Regulation).


(Art. 2 G.D.P.R.)

  1. Il presente regolamento si applica al trattamento interamente o parzialmente automatizzato di dati personali e al trattamento non automatizzato di dati personali contenuti in un archivio o destinati a figurarvi.
  2. Il presente regolamento non si applica ai trattamenti di dati personali:
    1. effettuati per attività che non rientrano nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione;
    2. effettuati dagli Stati membri nell’esercizio di attività che rientrano nell’ambito di applicazione del titolo V, capo 2, TUE;
    3. effettuati da una persona fisica per l’esercizio di attività a carattere esclusivamente personale o domestico;
    4. effettuati dalle autorità competenti a fini di prevenzione, indagine, accertamento o perseguimento di reati o esecuzione di sanzioni penali, incluse la salvaguardia contro minacce alla sicurezza pubblica e la prevenzione delle stesse.
  3. Per il trattamento dei dati personali da parte di istituzioni, organi, uffici e agenzie dell’Unione, si applica il regolamento (CE) n. 45/2001. Il regolamento (CE) n. 45/2001 e gli altri atti giuridici dell’Unione applicabili a tale trattamento di dati personali devono essere adeguati ai principi e alle norme del presente regolamento conformemente all’articolo 98.
  4. Il presente regolamento non pregiudica pertanto l’applicazione della direttiva 2000/31/CE, in particolare le norme relative alla responsabilità dei prestatori intermediari di servizi di cui agli articoli da 12 a 15 della medesima direttiva.

"In altri termini, non è illecito registrare una conversazione perché chi conversa accetta il rischio che la conversazione sia documentata mediante registrazione, ma è violata la privacy se si diffonde la conversazione per scopi diversi dalla tutela di un diritto proprio o altrui.". (Corte di Cassazione Penale, Sez. III, 24 marzo 2011, n.18908)

Il "Garante della privacy" ha affermato che anche i funzionari pubblici e i pubblici ufficiali, compresi i rappresentanti delle forze di polizia impegnati in operazioni di controllo o presenti in manifestazioni o avvenimenti pubblici, possono essere fotografati e filmati, a meno che non vi sia un espresso divieto dell’Autorità pubblica. (Garante della Privacy, nota 14755 del 5 giugno 2012, Newsletter n.359 del 7 giugno 2012).


(Art. 2043 C.C.)

Qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno.


(Intercettazioni) (2) "Deve premettersi che la giurisprudenza di questa Corte è costante nel ritenere che le registrazioni di conversazioni tra presenti, compiute di propria iniziativa da uno degli interlocutori, non necessitano dell’autorizzazione del giudice per le indagini preliminari, ai sensi dell’art. 267 c.p.p., in quanto non rientrano nel concetto di intercettazione in senso tecnico, ma si risolvono in una particolare forma di documentazione, che non è sottoposta alle limitazioni ed alle formalità proprie delle intercettazioni.

Al riguardo le Sezioni Unite hanno evidenziato che, in caso di registrazione di un colloquio ad opera di una delle persone che vi partecipi attivamente o che sia comunque ammessa ad assistervi, difettano la compromissione del diritto alla segretezza della comunicazione, il cui contenuto viene legittimamente appreso soltanto da chi palesemente vi partecipa o vi assiste, e la “terzietà” del captante. L’acquisizione al processo della registrazione dei colloquio può legittimamente avvenire attraverso il meccanismo di cui all’art. 234 c.p.p., comma 1, che qualifica documento tutto ciò che rappresenta fatti, persone o cose mediante la fotografia, la cinematografia, la fonografia o qualsiasi altro mezzo; il nastro contenente la registrazione non è altro che la documentazione fonografica dei colloquio, la quale può integrare quella prova che diversamente potrebbe non essere raggiunta e può rappresentare (si pensi alla vittima di un’estorsione) una forma di autotutela e garanzia per la propria difesa, con l’effetto che una simile pratica finisce col ricevere una legittimazione costituzionale." (Cass. Sez. Un. 28-5-2003 n. 36747)" (Corte di Cassazione Penale, Sez. II, 10 giugno 2016 n. 24288)


(Art. 600 ter C.P.)

È punito con la reclusione da sei a dodici anni e con la multa da euro 24.000 a euro 240.000 chiunque:

  1. utilizzando minori di anni diciotto, realizza esibizioni o spettacoli pornografici ovvero produce materiale pornografico;
  2. recluta o induce minori di anni diciotto a partecipare a esibizioni o spettacoli pornografici ovvero dai suddetti spettacoli trae altrimenti profitto.

Alla stessa pena soggiace chi fa commercio del materiale pornografico di cui al primo comma.

Chiunque, al di fuori delle ipotesi di cui al primo e al secondo comma, con qualsiasi mezzo, anche per via telematica, distribuisce, divulga, diffonde o pubblicizza il materiale pornografico di cui al primo comma, ovvero distribuisce o divulga notizie o informazioni finalizzate all’adescamento o allo sfruttamento sessuale di minori degli anni diciotto, è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da euro 2.582 a euro 51.645.

Chiunque, al di fuori delle ipotesi di cui ai commi primo, secondo e terzo, offre o cede ad altri, anche a titolo gratuito, il materiale pornografico di cui al primo comma, è punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa da euro 1.549 a euro 5.164.

Nei casi previsti dal terzo e dal quarto comma la pena è aumentata in misura non eccedente i due terzi ove il materiale sia di ingente quantità.

Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque assiste a esibizioni o spettacoli pornografici in cui siano coinvolti minori di anni diciotto è punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa da euro 1.500 a euro 6.000.

Ai fini di cui al presente articolo per pornografia minorile si intende ogni rappresentazione, con qualunque mezzo, di un minore degli anni diciotto coinvolto in attività sessuali esplicite, reali o simulate, o qualunque rappresentazione degli organi sessuali di un minore di anni diciotto per scopi sessuali."


(Art. 610 C.P.)

Chiunque, con violenza o minaccia, costringe altri a fare, tollerare od omettere qualche cosa è punito con la reclusione fino a quattro anni.

La pena è aumentata se concorrono le condizioni prevedute dall’articolo 339.


(Art. 612 bis C.P.)

Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da un anno a sei anni e sei mesi chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita.

La pena è aumentata se il fatto è commesso dal coniuge, anche separato o divorziato, o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa ovvero se il fatto è commesso attraverso strumenti informatici o telematici.

La pena è aumentata fino alla metà se il fatto è commesso a danno di un minore, di una donna in stato di gravidanza o di una persona con disabilità di cui all’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ovvero con armi o da persona travisata.

Il delitto è punito a querela della persona offesa. Il termine per la proposizione della querela è di sei mesi. La remissione della querela può essere soltanto processuale. La querela è comunque irrevocabile se il fatto è stato commesso mediante minacce reiterate nei modi di cui all’articolo 612, secondo comma. Si procede tuttavia d’ufficio se il fatto è commesso nei confronti di un minore o di una persona con disabilità di cui all’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, nonché quando il fatto è connesso con altro delitto per il quale si deve procedere d’ufficio.


(Art. 615 bis C.P.)

Chiunque, mediante l’uso di strumenti di ripresa visiva o sonora, si procura indebitamente notizie o immagini attinenti alla vita privata svolgentesi nei luoghi indicati nell’articolo 614, è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni.

Alla stessa pena soggiace, salvo che il fatto costituisca più grave reato, chi rivela o diffonde, mediante qualsiasi mezzo di informazione al pubblico, le notizie o le immagini ottenute nei modi indicati nella prima parte di questo articolo.

I delitti sono punibili a querela della persona offesa; tuttavia si procede d’ufficio e la pena è della reclusione da uno a cinque anni se il fatto è commesso da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio, con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti alla funzione o servizio, o da chi esercita anche abusivamente la professione di investigatore privato.

"Non vi è dubbio che la ripresa fotografica da parte di terzi leda la riservatezza della vita privata ed integri il reato di cui all’articolo 615 bis cod. pen., allorquando vengano ripresi comportamenti sottratti alla normale osservazione dall’esterno, essendo la tutela del domicilio limitata a ciò che si compie in luoghi di privata dimora in condizioni tali da renderlo tendenzialmente non visibile ad estranei: ne consegue che, se l’azione, pur svolgendosi in luoghi di privata dimora, può essere liberamente osservata senza ricorrere a particolari accorgimenti, il titolare del domicilio non può vantare alcuna pretesa al rispetto della riservatezza." (Corte di Cassazione, Sez. VI, 1 ottobre 2008, n. 40577)

(Art. 617 septies C.P.)

Chiunque, al fine di recare danno all’altrui reputazione o immagine, diffonde con qualsiasi mezzo riprese audio o video, compiute fraudolentemente, di incontri privati o registrazioni, pur esse fraudolente, di conversazioni, anche telefoniche o telematiche, svolte in sua presenza o con la sua partecipazione, è punito con la reclusione fino a quattro anni.

La punibilità è esclusa se la diffusione delle riprese o delle registrazioni deriva in via diretta ed immediata dalla loro utilizzazione in un procedimento amministrativo o giudiziario o per l’esercizio del diritto di difesa o del diritto di cronaca.

Il delitto è punibile a querela della persona offesa


(giusta causa)

(3) Sebbene sia stato ritenuto legittimo il licenziamento di un medico per avere "aver tenuto un comportamento tale da integrare una evidente violazione del diritto alla riservatezza dei suoi colleghi, avendo registrato e diffuso le loro conversazioni intrattenute in un ambito strettamente lavorativo alla presenza del primario ed anche nei loro momenti privati svoltisi negli spogliatoi o nei locali di comune frequentazione, utilizzandole strumentalmente per una denunzia di mobbing, rivelatasi, tra l’altro, infondata" (Corte di Cassazione di Torino, del 21 novembre 2013 n. 26143), successivamente si è ritenuto che "nell’ambito di un rapporto di lavoro, la registrazione di conversazioni effettuate sul posto di lavoro da parte di un dipendente all’insaputa dei colleghi non costituisce condotta suscettibile di sanzione disciplinare se il lavoratore ha assunto tali iniziative per esigenze di tutela dei propri diritti." (Corte di Cassazione di Roma, 10 maggio 2018, n. 11322)

"In particolare, il dipendente è autorizzato a registrare la conversazione con il proprio datore di lavoro se ciò è necessario per far valere un proprio diritto, anche in considerazione del fatto che i colleghi del lavoratore stesso, una volta chiamati a rendere la deposizione testimoniale, difficilmente si comprometteranno per difendere un collega vessato e ciò all’evidente fine di evitare possibili ritorsioni." (Corte di Cassazione, sez. lav., 29 dicembre 2014, n. 27424)